Centenario Trapasso Abdu'l-Bahá - Comunità Bahá'í del Salento

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Centenario Trapasso Abdu'l-Bahá

Il centenario del trapasso di Abdu’l-Bahá
 
 
Ricordando il servizio reso all’umanità da Abdu’l-Bahá a cento anni dalla sua morte
 
 
COMUNICATO STAMPA - Le comunità bahá’ì di tutto il mondo si stanno preparando a commemorare a fine novembre la vita di Abdu’l-Bahá, figlio del fondatore della Fede bahá’ì, Baháʼu'lláh, a cento anni dalla sua morte. Nato a Teheran nel 1844, Abdu’l-Bahà fu testimone fin dalla nascita del messaggio religioso portato dal padre e incentrato sui principi della pace universale e dell’unità del genere umano.
 
 
Per gran parte della sua vita, Abdu’l-Bahà visse però in prigionia, condividendo con il padre, Bahá’u’lláh, i tanti decenni di reclusione ed esilio a causa delle azioni dei governanti degli imperi persiano e ottomano. Liberato nel 1908 dalla città prigione di Akká, in Palestina, Abdu’l-Bahà si dedicò a diffondere in tutto il mondo il messaggio del padre. Dal 1910 al 1913, dopo mezzo secolo di prigionia, viaggiò in Europa e in Nord America, conversando con migliaia di persone senza distinzioni di etnia, cultura, genere, religione o provenienza sociale. In molti dei suoi discorsi, incoraggiò la fondazione di istituzioni locali bahá’í e guidò nascenti iniziative educative, sociali ed economiche.
 
 
Esempio degli insegnamenti bahá’í, tra i quali, la libertà da tutte le forme di pregiudizio, la nobiltà dell’essere umano, la parità tra donne e uomini e l’armonia tra scienza e religione, ‘Abdu’l-Bahá fu inoltre interprete autorevole di centinaia di scritti lasciati da Bahá’u’lláh. Tante le persone, allora e oggi, che continuano a trarre ispirazione dal suo esempio nel lavorare per l’unità, per la pace tra le nazioni, il superamento dei pregiudizi e la giustizia sociale.
 
 
Il centenario del trapasso di ‘Abdu’l-Bahá vuole quindi rendere omaggio alla sua opera e al suo costante servizio disinteressato all’umanità. Ad oggi, sono già molti gli omaggi artistici e istituzionali che in tutto il mondo sono stati rivolti alla figura di Abdu’l-Bahá. Attraverso la musica, la pittura, il teatro, la poesia e altre forme d'arte, persone di ogni provenienza stanno esplorando i concetti spirituali affrontati da 'Abdu'l-Bahá. In Italia, le celebrazioni del centenario del suo trapasso avranno luogo il 27 novembre, con preghiere, letture, musica,  rappresentazioni teatrali e artistiche.
La comunità bahá’í in Italia
La storia della Fede bahá’í in Italia ha origine agli inizi del ‘900 quando credenti bahá’í americani si fermarono nella penisola nei loro viaggi verso la Terra Santa dove si recavano per visitare ‘Abdu’l-Bahá, il figlio di Bahá’u’lláh. Nel corso degli anni sono apparse le prime comunità, che si sono successivamente radicate nel territorio, dando origine a una struttura organizzativa progressivamente più complessa. Oggi in Italia, i bahá'í sono circa 5000.
La comunità bahá’í italiana è rappresentata dall’Assemblea Spirituale Nazionale dei Bahá’í d’Italia, che nel 1966 ha ottenuto il riconoscimento come ente di culto ed è composta da nove membri eletti dai delegati dell’intera comunità italiana. Ispirati da insegnamenti come l’unità del genere umano, l’origine divina di tutte le religioni, l’uguaglianza dei diritti dell’uomo e della donna, la totale eliminazione di pregiudizi, l’armonia fra scienza e religione, l’unità nella diversità, la protezione dell’ambiente, e altri, animati da quello che i loro scritti definiscono “spirito di servizio”, i bahá’í italiani, come i loro correligionari di tutto il mondo, lavorano per l’esecuzione di un progetto di trasformazione spirituale e sociale.
Il loro impegno trova espressione in una grande varietà di azioni e attività, che essi svolgono sia da soli sia collaborando con persone e istituzioni che condividono questi ideali. Essi cercano di rafforzare i legami della famiglia (il primo tassello della società), si occupano dell’educazione spirituale di bambini e adolescenti, si impegnano per consolidare i legami sociali nei quartieri dove vivono promuovendo una cultura improntata alla devozione, al servizio e al dialogo che faciliti l’interazione con le minoranze, senza alcun senso di superiorità o di esclusivismo.
Info per i lettori: lecce@bahai.it- Sito web: www.bahai.it
Centenario del Trapasso di Abdu'-Bahá
  Uno dei massimi orientalisti di tutti i tempi, Edward Granville Browne, docente all’università di Cambridge, incontrò nell’aprile del 1890 ‘Abdu’l-Bahá ad ‘Akká, l’antica San Giovanni d’Acri, in Palestina, e ne dipinse questo ritratto: “Raramente ho conosciuto qualcuno che mi abbia tanto impressionato. Un uomo robusto, dritto come una freccia, con veste e turbante candidi, lunghe ciocche di capelli neri che gli scendevano fin quasi sulle spalle; una fronte ampia e possente a indicare la presenza di un forte intelletto combinato a una ferrea volontà; occhi penetranti come di falco, fattezze marcate ma piacevoli. Reputo che molto difficilmente si possa trovare, anche tra i più eloquenti, preparati e sagaci rappresentanti della sua razza, un più abile conversatore, un uomo maggiormente dotato di argomentazioni, più pronto a offrire delucidazioni e più profondamente versato nelle scritture sacre giudee, cristiane e islamiche. Nessuno ch’abbia conosciuto quest’uomo può intrattenere alcun dubbio sulla sua grandezza e sui suoi poteri”.
 
  ‘Akká era una colonia penale dell’Impero turco e ‘Abdu’l-Bahá vi viveva prigioniero insieme al padre, Bahá'u'lláh, fondatore della Fede bahá’í, un nuovo messaggio religioso inviso alle autorità islamiche, per cui entrambi erano stati esiliati dalla natia Persia e infine relegati in questa antica e malsana cittadina sulle rive del Mediterraneo. Dopo quarant’anni di esilio e prigionia, ‘Abdu’l-Bahá sarà liberato soltanto nel 1909 sull’onda della rivoluzione dei cosiddetti Giovani Turchi.
 
  Nel frattempo, dopo la morte del padre avvenuta nel 1892, aveva assunto il ruolo di guida della comunità bahá’í che, relegata nei primi decenni all’area pur vasta del Vicino e Medio Oriente, si allargò all’Europa, e al continente nordamericano in virtù dei suoi viaggi compiuti in Occidente dal 1911 al 1913. Ovunque fu accolto da entusiastiche reazioni da parte di migliaia di persone che accorsero ad ascoltarlo e dalla stampa, sia americana che europea, che lo additarono ai loro lettori con lusinghiere descrizioni sia della sua figura che del suo messaggio religioso. Tenne molti discorsi in chiese e sinagoghe, ricevuto sempre con sommo rispetto e ammirazione come si evince, per esempio, dall’introduzione che ne fece l’arcidiacono Wilbeforce nella chiesa di St. John’s Westminster in Londra il 17 settembre 1911: “Rudyard Kipling disse una volta che l’Oriente e l’Occidente non s’incontreranno mai, ma io vi dico che essi si sono incontrati sul terreno comune dell’Amore e oggi ne abbiamo la prova. Mirate al meraviglioso ospite di stasera, che ha sofferto quarant’anni di prigionia per il bene dell’umanità! Guardate a quelle mani che hanno conosciuto le catene, a quei piedi che furono avvinti nei ceppi a causa del suo Messaggio di amore e unità a tutti i popoli. Ora egli è libero ed è venuto dall’Oriente per recarci quel Messaggio. Oh, pregate perché la benedizione divina possa discendere su di lui, e sprigionate in voi vibrazioni d’amore per incontrare quello Spirito che è in mezzo a noi!”
 
     Negli Stati Uniti, templi e chiese di tutte le denominazioni, sinagoghe, società per la pace, istituzioni religiose ed educative, università, circoli femminili, gruppi metafisici e centri del nuovo pensiero spalancarono di buon grado e senza riserve le loro porte, i loro pulpiti e i loro podi al suo messaggio. Egli presenziò ai convegni sulla pace di Lake Mohonk, parlò a folti incontri nelle università Columbia e Leland Stanford, davanti ad associazioni scientifiche, a gruppi socialisti, a culti etici, a servizi sociali e a organizzazioni benefiche, partecipò a ricevimenti e banchetti nei palazzi dei ricchi, visitò i poveri e gli umili nelle loro modeste abitazioni, arrecò la luce della speranza e del conforto alle anime derelitte della Bowery Mission di New York - in breve, proclamò universalmente il suo messaggio e i suoi insegnamenti a ogni livello e capacità del genere umano, con tale purezza e sincerità che tutti lo ascoltarono con gioia e senza pregiudizi o antagonismi.
 
  ‘Abdu’l-Bahá  ricevette la visita di personaggi illustri, fra cui l’ex presidente degli Stati Uniti, Theodore Roosevelt, l’arcivescovo cattolico di Montreal, Louis Joseph Napoléon Bruchesi,  Thomas Edison, l’inventore Alexander Graham Bell, il ministro del Tesoro USA in carica, Lee LcClung, che, dopo essere stato cordialmente trattenuto da lui a pranzo, se ne uscì con un commento a dir poco inusitato sulla bocca di un politico: “Mi è sembrato d’essere alla presenza di uno dei grandi profeti antichi, Isaia, Elia, Mosè. Eppure era più di questo. Ero alla presenza di Cristo”.   
 
  Non mancò in quel 1912 di mettere in guardia i responsabili dell’umanità dell’incombente pericolo di un conflitto mondiale che purtroppo si realizzò e durante il quale, tornato in Terra Santa, egli si prodigò con generosità per sfamare le popolazioni locali, gesto che gli varrà, da parte del governo inglese, il conferimento di un’alta decorazione.  
 
  Il messaggio che attirò una così vasta attenzione ed ammirazione conteneva principi di grande rilevanza: la necessità di abolire ogni tipo di pregiudizi - religiosi, razziali, nazionali o d’altro genere - di riconoscere e costruire l’unità del genere umano e favorire l’avvento della pace universale con istituzioni internazionali atte a realizzarla.
 
  Il trapasso di ‘Abdu’l-Bahá, avvenuto il 28 novembre 1921, fu annunciato dai più diffusi quotidiani del mondo: da Haifa a Londra, da New York a New Dehli, dal Cairo a Parigi, nelle principali città e capitali del pianeta si pubblicarono notizie della sua vita, dei suoi insegnamenti, della sua morte esemplare. Per fare solo un paio di esempi, il prestigioso quotidiano londinese The Times del 30 novembre 1921 scrisse di lui: «Era un uomo di grande potere spirituale e di dominante presenza, e il suo nome era riverito in tutto il Medio Oriente. Patrocinò la causa della pace e della fratellanza universali, la libera ricerca della verità, l’eguaglianza dei sessi, e rivolse frequenti appelli ai governanti d’Europa perché procedessero a un disarmo universale». E lo Sphinx del Cairo (17 dicembre 1921) annotò: «Nella sua personalità e nella sua influenza, ‘Abdu’l-Bahá incarnava tutto ciò che v’è di più nobile e straordinario nelle fedi cristiana e islamica. Vivendo un’esistenza di puro altruismo, egli predicava e operava l’unità interrazziale e interreligiosa. Alla presenza di ‘Abdu’l-Bahá, indagatori pensosi capivano ben presto di essere dinanzi a un uomo dalla personalità unica, dotato di un amore e di una saggezza che esprimevano qualità divine».
 
 
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